Quattro sensi: vista olfatto udito gusto, sono il nostro volto. Gli organi dei sensi: occhio, naso, orecchio, bocca, permettono gli stimoli visivi, la capacità di captare suoni, le indicazioni di sapori, interagendo direttamente con il mondo e la sua conoscenza. Formulano i canoni della bellezza, la seduzione della bellezza e la capacità di possederla. L’assenza di un senso, sviluppa altre percezioni che slittano nel piano dell’immaginazione, del non mutuabile. La dea bendata, la Fortuna ha classicamente la benda sugli occhi, una divinità che nella cecità permette al caso e alle inconsapevolezze di accedere ai beni terrestri. Leon Battista Alberti nel De Pictura (1435) descrive le origini della pittura, con Narciso innamorato della propria immagine del proprio volto. Nel cinema di G.W. Pabst, con la psicoanalisi si indagano altre scienze parallele come la fisiognomica, che cercano i dati oggettivi della personalità nell’espressione o nella morfologia del volto. Andrè Breton fonda e pratica il surrealismo (1924) per “la ricerca del vero volto della vita”: labirinti interiori approdano alla nostra visibilità come la stessa metamorfosi e la sua parziale mutilazioni, nelle linee guida freudiane del sogno. Il Novecento, e ancora gli Anni Duemila, depositano nel volto il luogo delle velature per stratificate conoscenze concettuali, il volto è il territorio di matrici e percezioni extra sensoriali. Il volto velato è la nostra vita ora per altri cambiamenti, per altri accessi.
Immagine di copertina John Baldassarri, Stonehenge (With Two Persons) Green, 2005.